Carlo Corallo
Piacere miope
[Testo di "Piacere miope"]
[Intro]
Okay, alzami il volume in cuffia e ti racconto una storia che fa più o meno così
[Strofa 1]
Quasi alla fine d'aprile, un sole mite scalda le vite
Andando a comparire come una morsa sul campanile
La mossa della folla è colpire la sposa in cortile
Col riso mentre lei commossa in viso mormora, poi canta e ride
Negli anni '90 post champagne e bollicine
Una festa di nozze calma ogni lite
Vede i leader di aziende vicine
Mangiare ribes trattando in lire
Faccende pratiche al margine delle pagine di "Limes"
Le bambine corrono agili come fanno le bandite
Sfiorano i calici fragili sulle tavole imbandite
Ed i maschi guardano le partite, i loro padri idem
Le madri si sono presentate e sono diventate amiche
Solo un infante, là, non lascia la genitrice distante
Ma nemmeno per un istante e le dice
Che ha braccia stanche di stare nelle camicie, perlopiù in una gigante due taglie più grande e dalle sfumature grigie
Miope, così tanto, da pregare ogni Santo Dio per un nuovo calcolo delle diottrie
Che sia in calo e non un rincaro amaro per il deficit
Che il mondo sfocato, vuole guardarlo in dieci decimi
È raro che i dettami etici dei coetanei vedano pregi
In quegli occhiali consigliati dai medici
Con dei vetri enormi, assurdi
Che ti dimentichi quasi sotto ogni palpebra lui abbia degli occhi azzurri
Così tra auguri e latte di mandorla
Vede una creatura oltre natura seduta a fianco di mamma
Lui la guarda con paura e faccia bianca
Lei si alza, indica la montatura
E chiede sicura: "Quanto ti manca?"
[Ritornello]
Guardarsi negli occhi
Non è mai un momento perso
In un mondo sempre più complesso e spesso fragile
E quando un mal di testa ti riserva l'Oki
Metti vestiti comodi anche senza loghi
E ricorda quando piano parlavamo notti senza log in
[Strofa 2]
Ah, poche settimane sono abbastanza
E lui nella sua stanza, ha l'aria stanca
Mentre immagina di rincontrarla
Un consiglio di suo padre che gli parla della madre da ragazza
Pone al figlio una domanda ormai standard: "Quanto ti manca?"
Con una gamba sulla branda prende penna e carta, lì
Schiaccia il pulsante e spiaccica l'inchiostro rosso su un'altra pagina bianca: mostro, fantasma, fantastica di incontri in spiaggia o davanti a un piatto di pasta
Lui con gli occhiali di gas, das o plastica
E il difetto alla vista che non adombra la tinta talassica
Quasi vuole fermarsi qua
Tra i passi in fogli sparsi dove vede comparso il graal, Parsifal
Passa da
Fonti di dottrina in fondi di bottiglia
A farne una poltiglia irreparabile col mastice
E i disegni mutano i naselli in gambe
Ogni lente e le aste, in lanterne
Poi nelle antenne dell'astice
Sono scarabocchi su carte stracce
E li mette da parte quando coi suoi
Parte per un ristorante
Luogo in cui lui capisce davvero, incredulo da un metro
Di rincontrarla per caso nel chiasso di via Toledo
Vestita di nero, sorriso pieno
Parlano del più e del meno
Nel divertimento in cui scherzano senza freno
Finché un fremito o un pensiero fa lui serio
Sentendo una domanda che l'altra pone
Forse con tono leggero
"Perché porti quegli occhiali fiero?
"Che sono larghi, che sono vecchi
Con tanti graffi, con lenti grandi
Che sono pessimi e spessi di vetro?"
Perché solo con questi ti vedo
[Ritornello]
Guardarsi negli occhi
Non è mai un momento perso
In un mondo sempre più complesso e spesso fragile
E quando un mal di testa ti riserva l'Oki
Metti vestiti comodi anche senza loghi
E ricorda quando piano parlavamo notti senza log in