Dargen D’Amico
L’aggettivo adatto (Variazione sul tema ”Tra la noia e il walzer”)
[Testo di "L'aggettivo adatto (Variazione sul tema "Tra la noia e il walzer")"]
[Strofa]
Nessuno tocchi le mie tende
Sono praticamente rinchiuso in casa dal giorno che venne
Dopo il giorno in cui parlai con lei
Io l'amavo e mi scappò un "se saprei"
"Se sapessi" rimase incastrato in gola
Non riuscivo a pronunciare più alcuna parola
Scappai a casa, la lasciai lì sola
E da quel giorno abbandonai la scuola
Sono passati anni, sì, il tempo passa
Oggi vivo grazie a qualche banconota falsa
Che mio pa' mi manda per corrispondenza
E grazie a mia mamma che mi riempie la dispensa
Sono pigro come Pino
Non sono mai sveglio prima della sera
Scendo per sentire il buonasera delle ragazze al caffè
Prendo un caffè e un pacchetto di leggere
Mi metto a sedere per leggere l'edizione della sera del Corriere della Sera
Ma non mi interessa un granché e non leggo neanche una pagina intera
Che sono già di ritorno a casa
Per timore di incontrare il giorno per strada
Io lo conosco bene il giorno, ogni volta che lo incontro
Mi chiede se ho del tempo da dedicare al mondo, no
Se avessi tempo sarei ricco
Non conserverei la pioggia pulita in un bricco, no
Fuggo le fatiche, neghitto
Resto a letto, sempre a letto
Il resto della casa non lo conosco
Potrei pagare l'affitto solamente per questo
A terra ho pochi vestiti e pochi dischi
E qualche bottiglia vuota di whisky
Bevo e dormo, mi sono sempre perso l'arcobaleno
La pioggia mi concilia il sonno
Mi sveglio e mi verso un altro whisky
Sempre whisky, l'alcol non fa male se non mischi
Sto qui fino a che non mi danno lo sfratto
"Disoccupato", amo quest'appellativo
Io sono un disoccupato attivo
Anche se forse "attivo" non è l'aggettivo adatto
Intendo dire non mi sento uno straccio
Voglio far nulla e grazie a Dio nulla faccio
Mio zio invece è disoccupato passivo
Se non lavora si dimentica d'essere vivo
Ed in questo periodo si è iscritto ad ogni bando
E per non fare niente fa un po' di contrabbando
Si sente l'autunno addosso come foglie morte
Lo vado a trovare, ascoltiamo radio Reporter
E ci chiediamo come vivono i pubblicitari
Delle piccole radio, dei circuiti locali
Ad una certa ora dico: "Zio, io m'incammino"
Ma non vuole che me ne vada e versa ancora vino
Un occhio quasi chiuso, l'altro una feritoia
Sento le radici pesanti vita da sequoia
Fino a quando tirerò le cuoia
Tra la noia e il valzer sceglierò sempre la noia
Qualsiasi cosa debba fare non è urgente
Parlo al passato, al futuro, mai al presente
Di quello che potrebbe succedere in futuro
Se non succede più, giuro, non me ne curo
Il medico me l'ha spiegato chiaro: oggi bevo
Perché a sedici anni facevo quello che volevo
Mi trovavo sempre in forse e senza calze
Per la stanza sparse banconote false
Ne recuperavo qualche d'una ogni mattina
Poi mangiavo uno yogurt il giorno prima che scadesse
E leggevo un giornale del giorno prima
Poi andavo a scuola in ritardo sul calesse
Un impiegato della CEI pensa
Che la mia vita cambierebbe
Se mi riempissi io la dispensa e mi trovassi una lei
Io gliel'ho già detto che so già che le direi:
"Schiacciami lo stivale sulle spalle
Feriscimi mezz'ora e dammi foia, e poi esci da sola
E lasciami qui, con il mio sangue che cola fino alla noia"