Murubutu
Ap 6, 1-7
[Testo di "Ap 6, 1-7" ft. La Kattiveria]

[Strofa 1: Murubutu]
E l'Agnello dai sette occhi sciolse il primo dei sette sigilli
Apparvero al trotto i corpi terribili dei quattro ministri
Urlavano: "Vieni sotto, vieni, tu vieni sotto"
Gridava una voce di tuono, l'ascesa dell'uomo fra i falsi Cristi
Avanzava la cappa nel cielo coperta da nubi oscure
La forza della palingenesi immane pervase la mano di Dürer
E produsse le immagini fisse dell'Apocalisse di San Giovanni
L'eclissi e la furia del vento fortissimo tenuto dagli angeli
I turbini muovevano barba e scalpo, code sul salmo bianco
Fulgidi sul capo [?], ornato ed armato d'arco (Uh)
Fulmini sul vasto campo, il marchio infausto su un altro pascolo
E in un altro sauro era segno ultimo dell'Impero partico
Il primo e il quarto cattivo divino contro Gerusalemme
Uomini e bestie braccati in terra come genia ribelle
E la guerra fu la prima fra le tare, le ceste, le cere
La fame, la peste, le fiere, primo dei quattro castighi del bene secondo Ezechiele

[Strofa 2: Yanez Muraca]
L'Agnello aprì il secondo sigillo, ne uscì il secondo cavallo
Dal mondo recondo un grosso frisone usciva dal fondo profondo
Porta sul dorso l'uomo dal torso coperto dalla corazza in metallo
L'ira e il fuoco al galoppo, porta l'odio nel luogo più recondo del mondo
Il rosso destriero scalpita, scalcia domato dai calci del fante
Mosso dai desideri di agire, elargire guerre sante
In sella a gambe serrate, staffe tirate e gli occhi iniettati di sangue
Briglia [?] del purosangue pronto a maledire in tutte le lingue
Brandiva una lunga spada affilata sopra i crani
Resistente a milioni di tagli, forgiata, affondata in [?] carni
L'inarrestabile moto della morte miete corpi e sonda calci
Calpesta teste rimaste in pasto a draghi con terribili fauci
Un persistente lamento di voci senza pace
Paurosa guerra fatta di tagli dalla gola al torace
Lacerati dal gladio di Dio, dall'ira immonda del boia
Né vincitori né vinti, solo poveri uomini che tiran le cuoia
[Strofa 3: Il Tenente]
L'Agnello aprì il terzo sigillo, apparve il terzo flagello
Così [?] del terzo fardello, un castigo che non brandiva armi
Cavalcava una forza impetuosa del colore di cenere nera
Teneva lo sguardo avverso e vestiva in buona maniera
Indossava un abito nobile che pareva pelle di montone
Ogni gioiello in successione brillava come sfumature della sera
Lunghe frappe cadevano mosse da sotto la cintura
Teneva fiero le redini in pugno, nonché uno strumento di misura
Sentenziava la mercede di vino, olio e grano
Era l'incarnazione della speculazione che sta nell'animo umano
L'ossessione per la possessione dell'essere avido in danaro
La punizione per ogni azione dell'uomo arido e avaro
Il cavaliere della carestia annunciava al popolo ignaro:
"Una sola misura di grano sproporzionando il rincaro"
E mentre scherniva le genti sotto gli zoccoli del nero destriero
Il presagio dell'avvento fu di altre tre misure d'orzo per lo stesso danaro

[Strofa 4: U.G.O.]
Aprì il quarto sigillo, un messaggero di presagi nefasti
Dietro a sé un inferno di fiamme, fauci, fame, lamenti rauchi
Il costato coperto da uno straccio, spalle cinte di drappi
Calpesta e condanna gli ignavi, malvagi, giusti, gli onesti e i casti
La morte fa strage di reietti, li getta in un inferno incandescente
Su ogni tratto del volto scarno traspare l'ira della divinità furente
Fra le mani adunche stringe un tridente, porta tenebre eterne
Monta un ronzino verde che fa gran mostra di costole e vertebre
[?] celeste ha guarito gli storpi, restituito udito ai sordi
Ora infesta con la peste, piaga bestiame, cammina sui corpi morti
Devoti discepoli dati in sacrificio alla fiamma viva
Il resto in pasto alle bestie, non c'è scelta o deriva alternativa
Giunge col fragore del tuono, col fuoco unge miscredenti
Prepara la venuta del sacro Agnello gli inetti dalle fragili menti
Il lamento divino ammorba gli ingiusti, fa impazzire i sani
L'ira dei cavalieri di Dio che spazza via tutti i peccati umani