Angelo Branduardi
Divina Commedia, Paradiso, Canto XI
Intra Tupino e l’acqua che discende
Del colle eletto del beato Ubaldo
Fertile costa d’alto monte pende
Onde Perugia sente freddo e caldo
Da Porta Sole e di retro le piange
Per grave giogo Nocera con Gualdo
Di questa costa, là dov’ella frange
Più sua rattezza, nacque al mondo un Sole
Come fa questo talvolta di Gange
Ma perché io non proceda troppo chiuso
Francesco e Povertà per questi amanti
Prendi oramai nel mio parlar diffuso
La lor concordia ed i lor lieti sembianti
Amore e maraviglia e dolce sguardo
Faceano esser cagion di pensier santi:
Tanto che’l venerabile Bernardo
Si scalzò prima, e dietro a tanta pace
Corse e, correndo, gli parve di esser tardo
Né li gravò viltà di cor le ciglia
Per esser figlio di Pietro Bernardone
Né per parer dispetto a maraviglia;
Ma regalmente sua dura intenzione
Ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
Primo sigillo a sua religione
Poi che la gente poverella crebbe
Dietro a costui, la cui mirabil vita
Meglio in gloria del ciel si canterebbe
E poi che, per la sete del martiro
Ne la presenza del Soldan superba
Predicò Cristo e gli altri che ’l seguiro
Nel crudo sasso intra Tevere ed Arno
Da Cristo prese l’ultimo sigillo
Quando a Colui ch’a tanto ben sortillo
Piacque di trarlo suso a la mercede
Ch’el meritò nel suo farsi pusillo
A’ frati suoi, sì com’a giuste rede
Raccomandò la donna sua più cara
E comandò che l’amassero a fede;
E del suo grembo l’anima preclara
Mover si volle, tornando al suo regno
Ed al suo corpo non volle altra bara